Negli ultimi tempi si è acceso un dibattito sorprendente che coinvolge uno degli oggetti più comuni nella vita quotidiana: le bottiglie di vetro.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, alcuni recenti studi hanno sollevato dubbi sul fatto che siano realmente l’alternativa più sicura rispetto alla plastica. Una nuova ricerca ha infatti rivelato la possibile presenza di microplastiche anche nei contenitori in vetro, aprendo interrogativi inaspettati sul loro reale impatto.

La questione ha attirato l’attenzione di molti, soprattutto tra coloro che da tempo hanno scelto il vetro come scelta più “pulita” e rispettosa dell’ambiente. Le ipotesi avanzate dagli esperti chiamano in causa diversi fattori legati alla produzione, al confezionamento e al contatto con altri materiali.
Le fonti invisibili di microplastiche nel vetro
Le bottiglie di vetro, spesso considerate l’alternativa più salubre alla plastica, potrebbero nascondere insidie meno visibili ma non per questo trascurabili. Secondo le più recenti analisi, la presenza di microplastiche sarebbe legata principalmente al rivestimento interno dei tappi, solitamente realizzati con materiali plastici.
Durante il trasporto, l’apertura o la semplice conservazione, si generano micrograffi e abrasioni che rilasciano particelle nel liquido contenuto. Queste particelle, difficilmente individuabili a occhio nudo, possono variare da pochi micron fino a qualche millimetro, rendendo il fenomeno difficile da controllare.
Nei campioni esaminati, le quantità risultavano sorprendenti: l’acqua in vetro arrivava a contenere circa 4,5 particelle per litro, mentre le bevande gassate ne mostravano fino a 40, con picchi di 60 nella birra. La plastica trovata corrispondeva per colore e composizione a quella del tappo, suggerendo un collegamento diretto.

Questa scoperta spinge a riconsiderare il concetto di “purezza” associato al vetro. Il problema non riguarda solo il materiale del contenitore, ma l’intero processo di confezionamento. Per ridurre la contaminazione, sarà fondamentale ripensare i materiali accessori e introdurre controlli più rigorosi lungo tutta la filiera produttiva.
Salute, prevenzione e soluzioni industriali
Sebbene la ricerca scientifica sia ancora in corso, diversi studi suggeriscono che l’ingestione prolungata di microplastiche possa avere effetti negativi sulla salute umana. Tra le possibili conseguenze si segnalano infiammazioni, stress ossidativo, danni cellulari e un possibile incremento del rischio di malattie croniche come patologie cardiovascolari e tumori. Considerando che, secondo alcune stime, ogni persona può ingerire fino a mezzo chilo di microplastiche all’anno, la questione non può più essere sottovalutata. La prevenzione passa da piccoli accorgimenti: anche una semplice pulizia dei tappi prima dell’uso può ridurre fino al 60% la contaminazione.
Nel settore industriale, è raccomandato l’uso di getti d’aria e detergenti specifici prima dell’imbottigliamento. A livello domestico, si consiglia di evitare di agitare le bottiglie, di aprirle con delicatezza e di preferire, se disponibili, tappi in metallo o silicone. Le aziende, da parte loro, dovrebbero riconsiderare materiali e rivestimenti utilizzati per tappi e sigilli. Lo studio francese rappresenta un’opportunità per ripensare l’intera filiera del packaging alimentare, orientandola verso maggiore sicurezza e sostenibilità.