Nascere in un giorno piuttosto che in un altro può fare una qualche differenza? Evidentemente sì quando si tratta di pensione. Chi è nato in certi mesi, rischia di dover lavorare un anno in più.
Henry James scrisse “L’Importanza di chiamarsi Ernest”, noi oggi potremmo scrivere “l’importanza di non essere nati in certi mesi dell’anno”. Soprattutto per quel che riguarda le pensioni. A quanto pare per andare in pensione conta non solo l’anno ma pure il mese di nascita e chi è nato in determinati periodi rischia di dover timbrare il cartellino un anno in più dei suoi colleghi.
La situazione, ce ne siamo ormai resi conto tutti, non è rosea ma, anzi, è parecchio ingarbugliata. Il Governo di Giorgia Meloni si è prefissato l’obiettivo di andare oltre la Legge Fornero entro la fine di questa prima legislatura. Obiettivo raggiungibile? Purtroppo i dubbi sono tanti e le circostanze non remano a favore.
La pesantissima denatalità che ha colpito l’Italia, la crescente fuga dei giovani verso l’estero e l’aumento della durata della vita media rendono il terreno sempre più fragile e instabile e il rischio di fare crollare l’intero sistema. A tutto questo ora si aggiunge un’altra notizia che di sicuro toglierà il sonno a molti: chi è nato in certi mesi dovrà restare al lavoro un anno in più degli altri. Nel prossimo paragrafo vediamo tutto nei dettagli.
Lavorare fino a 67 anni ti pare troppo? Sappi che forse dovrai timbrare il cartellino fino a 68. Lo svantaggio riguarderà i dipendenti di un certo settore ma non tutti: solo quelli nati in determinati mesi dell’anno. Eh già: anche il mese di nascita, in taluni casi, può giocare a nostro svantaggio.
I lavoratori della scuola – docenti e personale ATA – per andare in pensione devono perfezionare i requisiti entro l’1 settembre di ogni anno. Pertanto se l’età pensionabile è di 67 anni, devono compierli entro l’1 settembre. Fin qui tutto chiaro. Il problema nascerà a partire dal 2027.
Se il Governo di Giorgia Meloni non bloccherà l’aumento dell’età pensionabile, allora essa salirà da 67 anni a 67 anni e 3 mesi. Questo significa che chi è nato a giugni o luglio o ad agosto, per esempio, per pochissimi mesi non riuscirà a perfezionare il requisito anagrafico entro l’1 settembre. Di conseguenza sarà costretto a restare al lavoro ancora un altro anno. Un “rospo” davvero duro da ingoiare anche perché non scegliamo noi in quale mese dell’anno nascere.
Pertanto dal 2027, se l’Esecutivo non interverrà per dare una svolta, la situazione si metterà davvero male per milioni di lavoratori del settore scolastico. A Palazzo Chigi l’intenzione di bloccare il balzo in avanti di tre mesi c’è: tuttavia tra il dire e il fare ci sono di mezzo le casse dell’Inps che, da anni, non se la passano bene.
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